L'Odissea
ci è stata donata all'alba del tempo quale esortazione per l'uomo,
assieme all'Iliade, a perseguire valori positivi.
L'iliade, a ben guardare, altro non è che un reportage di guerra,
ed in molti dei passi vi si può leggere un'esplicita condanna
alla guerra stessa ed ai suoi epigoni. E' il poema di Achille. Ma Achille
il guerriero dei guerrieri, persino nell'Iliade, il poema a lui dedicato,
viene descritto come un personaggio prevalentemente negativo. Ed in
tutte le vicende Omero non manca mai di sottolineare, con sottile ironia
o con feroce condanna, la stupidità totale dell'impresa bellica,
decisa in genere non dai guerrieri stessi, ma dalle mani degli Dei,
sempre pronti a farsi beffe degli uomini. E si assiste alle vicende
di Menelao, Agamennone, Ulisse, Achille, Nestore, Diomede, Aiace Telamonio
ed Aiace Oileo, Ettore, Enea e di tutti gli altri, come ad una danza
di foglie menate dai venti della follia.
Così come l'Iliade è il poema della guerra e la denuncia
della sua stoltezza intrinseca, così l'Odissea è sembrata,
alla nostra lettura, il poema della speranza dell'Uomo. Ulisse, prima
ancora della guerra di Troia, a questa non intendeva partecipare. Egli
era il più misero dei re Achei, ma aveva chiaro in mente il suo
futuro. Un futuro nel quale si sarebbero stagliate, gigantesche, le
ombre di Penelope e del figlio Telemaco. Ulisse aveva chiaro in mente
come anche il più saldo dei regni non potesse sopravvivere al
tempo ed all'ingordigia degli uomini. Si finge pazzo per non partire.
Ma un vaticinio aveva predetto che sarebbe stato lui a risolvere l'annosa
guerra di Troia.
Ed il ritorno.
L'uomo Ulisse viene tentato oltre ogni immaginazione. Gli vengono promessi
onori e beni quali nessun mortale potrebbe sognare. Ma egli ha un unico
punto cardinale dentro di sé. Circe, le Sirene, Calipso. Tutte
sono la tentazione della mente e della vanità umane. Qualunque
altro eroe Omerico avrebbe ceduto.
L'uomo Ulisse affronta nemici terribili: Polifemo e prima i Lestrigoni
ed i Ciconi, Scilla e Cariddi. Altri avrebbero affrontato a viso aperto,
impavidi, la morte certa. Non lui. Ulisse ha una mente. E questa è
la sua arma migliore. Non ha la sicurezza tronfia di sé. quella
sicurezza che perderà Agamennone e che farà impazzire
Diomede. E' accorto. Si pone in discussione. Non affronta i proci a
viso aperto. Ne disegna la morte lentamente. E' luomo nuovo. L'uomo
che non è eroe per propria volontà, ma lo diventa quando
la necessità l'impone. E quando la necessità l'impone
diviene più devastante, più determinato e più feroce
di qualunque altro monotono antico eroe.
Ai
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